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Conoscevo il Bobo davvero da molti anni. Siamo anche andati in barca insieme, con «Rosie Probert», uno chooner di 55 piedi il cui nome derivava dalla protagonista del dramma radiofonico Under milk Wood (1954) di Dylan Thomas. Sul grande schermo, Rosie Probert era stata interpretata dalla grande Liz Taylor: e quanta ironia abbiamo fatto sulla «diva dagli occhi viola»! Anche dell’«irregolare» Dylan Thomas parlavamo. Orgogliosamente gallese, Thomas aveva un suo punto di riferimento in un altro «irregolare», Henry David Thoreau, il teorico della Disubbidienza civile (1848-49). Thoreau sosteneva che è legittimo non rispettare le leggi quando sono “ingiuste”, quando si configurano come un vero e proprio sopruso nei confronti dell’essere umano.

Proprio a Thoreau si ispirò Gianfranco Miglio, teorizzando la legittimità dello sciopero fiscale dei cittadini delle regioni del Nord, vessati dalla fiscalità di uno Stato burocratico e accentratore, ingordo e predatore. Quante riflessioni abbiamo fatto – con Bobo – su questo tema, recuperando l’idea di una macroregione del Nord e del 75% della fiscalità trattenuto in Lombardia, là dove le risorse sono state generate. Due punti centrali del programma per la sua campagna elettorale alle regionali del 2013. Miglio scriveva che «l’obbedienza passiva non è virtù di uomini liberi», perché – in talune circostanze – «non obbedire diventa un dovere morale». E Bobo era davvero un uomo libero, venerava la libertà.

In navigazione – una volta – abbiamo pescato un tonno pinna gialla di taglia media, non grande e neppure piccolo. Abbiamo cominciato subito a mangiarlo, crudo: «vabbè è vero che siamo dei barbari, però…». E l’abbiamo poi messo in padella per cuocerlo. Solo nell’intimità e nel raccoglimento interiore della navigazione, sotto la volta celeste, è possibile esplorare nuove strade, pensare di battere sentieri non mai percorsi e progettare di aprire nuovi cantieri. Insieme abbiamo vissuto l’entusiasmante stagione della riapertura del Parlamento del Nord, nel 2007. Mi ricordo ancora le trasferte notturne verso Vicenza per mettere a fuoco i temi e i nomi degli invitati esterni alle sedute parlamentari. Abbiamo vissuto insieme anche il percorso per succedere all’Umberto – nei confronti del quale aveva sempre grande affetto e rispetto, come il sottoscritto del resto – alla guida della Lega e poi la conquista della Regione Lombardia nel 2013. La «madre di tutte le battaglie», la chiamava così: è stata una grande vittoria! Guidavo la sua lista civica – ero il capogruppo in Consiglio regionale – e mi definivo il suo «pretoriano», anche se la metafora romana, pur nella sua efficacia, ci lasciava entrambi un po’ scettici e perplessi. Nei fatti, i pretoriani erano i fedelissimi degli imperatori di Roma, le guardie del corpo. Quante risate abbiamo fatto sul mio essere suo «pretoriano»!

Di lui, pensandoci adesso, mi vengono subito in mente due caratteristiche: il lombardismo e la sua incontenibile voglia di conoscere e di sapere. Roberto era un gran lombardo, aveva nel suo dna un’incredibile sensibilità culturale verso i valori più profondi e più veri della nostra Regione, con le sue plurime identità, le sue lingue e le sue tradizioni civiche, che hanno inciso e modellato l’indiscutibile qualità del suo capitale sociale. Era poi molto curioso, nel senso più alto e più nobile del termine, aveva sempre un’irrefrenabile avidità di sapere e di conoscere. Quando mi chiedeva un appunto su questo o quel tema – ovviamente circoscritto alle mie competenze – mi telefonava più e più volte, anche nella stessa giornata: «allora, stai lavorando per me?», «allora, a che punto sei?», «allora, hai finito?», «allora, quando ci vediamo per parlarne?». Era sempre così. E con questo suo agire, rivelava una notevole consapevolezza dei propri limiti, che – in sé – è un elemento di grande forza, soprattutto interiore. Era ciò che lo portava a essere sempre oltre, sempre più in là, sempre avanti. Buon vento, Bobo. Anche lassù, ne sono certo, saprai navigare a vele spiegate.

Stay tuned!

Stefano B. Galli

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