Referendum, quorum,si,no,forse…boh!
In fondo, era solo il 2017; anche se otto anni dell’era digitale sembrano echeggiare come otto secoli.
Eppure, siamo gli stessi di allora, lo stesso mondo, la stessa Lombardia. Lo sa bene il prof Stefano Bruno Galli che, sotto la guida visionaria del Presidente Maroni, promosse e realizzò il sogno di un referendum popolare per decidere il futuro della nostra terra.
Oggi si torna a parlare di Referendum in ben altri termini, dopo il conclamato flop di tutti e 5 i questi promossi dalla Cgil.
(Quattro in materia di diritto del Lavoro e 1 in materia di cittadinanza).
Al di là di come la si possa personalmente pensare sui singoli quesiti, la macchina burocratica che si è messa in modo per queste elezioni è impressionante. Si pensi ai costi, alle persone impegnate per 3 giorni ai seggi, alla fase di spoglio delle schede, al fonogramma. Nel 2025 usiamo ancora i fonogrammi!!!
Tutto ciò è quantomeno curioso merita una riflessione.
Possibile che non si sia voluto cogliere il precedente del voto elettronico, inaugurato proprio da Bobo quel 22 ottobre 2017, quasi a sancire un cambio di passo anche nel metodo di costruire “Democrazia”?
Grazie a quei famosi Tablet, poi riconvertirtiti e lasciati alle scuole, le tempistiche di voto si erano notevolmente contratte, si risparmiò in termini di risorse umane e in termini economici. Questo è sicuramente un modello che deve essere tenuto presente, tanto più con gli sviluppi ulteriori della tecnologia. Sarebbe ora di evolversi e utilizzarla per attrarre elettori.
Altro relitto del centralismo è poi la tessera elettorale: orpello inutile, se non per escludere, insieme al Sen. Calenda, chi non si fosse accorto di aver esaurito lo spazio per i timbri. I timbri!?
Vi lancio una provocazione. Guardando anche l’amministrazione locale dal suo interno, conosco le dinamiche e le difficoltà che gli uffici comunali, vivono quotidianamente, mi chiedo: ha ancora senso avere una tessera elettorale, che non è altro che una sorta di “tessera punti” senza però il premio alla fine? Non basta avere 18 anni e godere dei diritti civili e di elettorato passivo?
È facile riempirsi la bocca di partecipazione e democrazia, ma se non accettiamo la sfida di affrancarci da un modello “frusto” quanto quest’ultimo aggettivo, il nostro destino sarà quello di veder tramontare le conquiste della nostra civiltà sotto valanghe e valanghe di scartoffie. Le stesse che, dal modello giacobino in poi, sono – guarda caso – il marchio di fabbrica del peggior statalismo.