C’è chi sostiene che la crisi economica possa trasformarsi nel detonatore capace di far saltare tutto. Ma io ritengo che, anche in presenza di una gravissima congiuntura economica, non si innescheranno processi rivoluzionari. Le valvole di sfogo delle tensioni generate dall’economia esistono, eccome. Gli effetti della globalizzazione e la caduta delle frontiere sono parte di queste valvole di sfogo. Per esempio, la possibilità di muoversi liberamente nell’Eurozona fa sì che un imprenditore non sia costretto a rimanere nel nostro Paese: può chiudere il suo stabilimento nel Nord Italia e aprire in Slovenia o in Polonia. Un eventuale aumento delle tensioni non genera automaticamente l’esplosione della baracca o l’inizio di una rivoluzione borghese, semmai si potrebbe assistere a un fuggi fuggi generale, assimilabile a una sorta di secessione morbida e individualista. Un processo bel lontano dall’atto istantaneo, storicamente decifrabile, sul modello della Rivoluzione francese, con lo Stato italiano ghigliottinato e la conseguente nascita della Padania. La secessione morbida sarebbe un disastro per il Nord. Ecco perché (lo ribadisco) la soluzione non può che essere il partito egemone, capace di rappresentare la questione settentrionale e in grado di trattare con Roma e con Bruxelles. Solo così quell’ imprenditore che vuole chiudere a Treviso e aprire a Lubiana avrà trovato la risposta ai suoi problemi. Una Lega egemone, espressione di un blocco sociale fortemente rappresentativo del lavoro in tutte le sue componenti, può costringere Roma e Bruxelles ad avviare il processo che porta alla realizzazione della Euroregione Nord, a statuto fiscale speciale, configurabile nel sistema del “tre quarti a me e un quarto allo Stato”.
Da “Il mio Nord” di Roberto Maroni