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Lettera di Roberto Maroni al Corriere della Sera, 30 dicembre 1993.

Caro direttore,

(…) nell’attuale contesto europeo fare a meno degli Stati nazionali sarebbe un errore. Sarebbe altresì un errore non rendersi conto che risolvere il problema del Mezzogiorno è interesse primario dei cittadini che abitano le regioni settentrionali del Paese. Ma il problema del sud non è solo una questione di interessi, è una questione di uomini e là dove si svolge un dramma che coinvolge milioni di persone chi abbia una nozione nobile della politica e non sia solo un gelido burocrate, non può esimersi dal contribuire a creare quelle condizioni che ridiano fiducia e speranza di rinascita dove esse sembrano spente e soffocate. Per tutte queste ragioni la Lega è federalista e non confederalista. Vuole il rafforzamento e non l’indebolimento dell’unità del Paese che riconosce come un valore. In questo contesto essa intende collocarsi pienamente all’interno di quella tradizione risorgimentale che concepiva il processo unitario come volto a tutelare le singole specificità per realizzare una più armoniosa costruzione della casa comune, nell’adesione a un concetto autentico di democrazia che si sostanzia nell’autogoverno e che per funzionare presuppone a sua volta un profondo rispetto delle differenze, e indubbiamente, anche una capacità di cooperazione solidale. D’altro canto l’esigenza di una riforma federalista dello Stato italiano, pur nella indispensabile unicità della repubblica, è ormai imprescindibile.

(…) Naturalmente, per rendere più efficiente una trasformazione istituzionale quale quella delineata, occorrerà procedere a forme di riorganizzazione macroregionale la cui individuazione dovrà però seguire criteri socio-economici e il cui numero dovrà essere fissato da esperti. Dovrà essere invece assolutamente escluso il ricorso a criteri etnici che avrebbe come unico risultato il prefigurare tragici scenari jugoslavi. (…) Per concludere voglio affermare con chiarezza che la Lega non ha pretese egemoniche sul modello di federalismo da adottare, ma invita tutti coloro che credono che quella sia la via giusta a discutere con noi e sedersi attorno a un tavolo con una sola pregiudiziale: la chiusura nei confronti degli epigoni del socialismo reale e del nazionalismo neofascista.