Ma è all’oggi che dobbiamo guardare. E i dati di oggi ci dicono che dal Nord viene oltre la metà del PIL e che, ogni anni, più di 50 miliardi di euro se ne vanno dal Nord verso Roma, in termini di trasferimento di risorse. Questi due elementi dimostrano che, ancora ai nostri giorni, il primato economico-produttivo, pur a fronte della sistematica vessazione fiscale e di una crisi economica senza precedenti, è ancora vivo; così come la pressione fiscale, anche in considerazione del fatto che l’evasione – al Nord – è molto contenuta rispetto al Centro e al Sud. E ciò vuol dire che se si aumentano le tasse si mettono le mani in tasca ai cittadini del Nord, che non hanno neppure problemi di debito pubblico. Evasione fiscale e debito pubblico sono due problemi che nascono altrove. E che il Nord, rimboccandosi le maniche, ha sempre cercato di affrontare e di risolvere in nome e per conto di altri, che invece sperperavano le risorse in investimenti infruttuosi che non creavano sviluppo e non pagavano le tasse, innescando pericolose derive disgregative della socialità. Ammettere alti livelli di evasione fiscale – in certe aree del Paese – rappresenta infatti, nella sua essenza, una grave lesione della tutela dei diritti di tutti i cittadini. Perché contempla un trattamento diseguale, una forma di discriminazione e, dunque, di violazione della lealtà costituzionale. A danno, ovviamente, dei cittadini del Nord. Due Italie – un Nord dalla naturale vocazione mitteleuropea e un Sud dalla naturale gravitazione mediterranea – incatenate in un solo ordinamento non vanno più bene. Ecco perché è forse giunta l’ora di pensare a manovre economiche differenziate, vale a dire progettate espressamente per le diverse aree del Paese, in base ai livelli di evasione fiscale. Procede sulla strada delle manovre indifferenziate, valide da Bolzano a Palermo e imposte dai poteri burocratici e tecnocratici di Bruxelles, non ha più senso. Anzi, significa proseguire oltre nella discriminazione che vede il Nord vessato dalla fiscalità.
Da “Il mio Nord”, di Roberto Maroni