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Ridisegnare l’Europa partendo dai territori: da Miglio a Maroni, verso una nuova coesione transnazionale

Il dibattito sul prossimo bilancio europeo, il Quadro Finanziario Pluriennale 2028–2034, rappresenta un crocevia decisivo per l’Unione. Al centro vi è la riforma della Politica di Coesione, il principale strumento di solidarietà territoriale e sviluppo dell’UE, che oggi rischia di essere snaturato da un eccesso di centralismo.

La proposta della Commissione – un modello basato su piani nazionali unificati e un rapporto diretto tra Bruxelles e gli Stati – punta alla semplificazione e al controllo, ma indebolisce il principio di sussidiarietà che ha dato senso all’Europa delle Regioni.

Non è un dettaglio tecnico, ma una scelta di visione: decidere che tipo di Unione vogliamo costruire.

Un’Europa calata dall’alto, che distribuisce risorse secondo criteri statali, o un’Europa fondata sulla cooperazione tra territori contigui, solidali, competitivi, e interdipendenti?

Il ritorno di una visione: il macroregionalismo, questa volta su scala europea.

In questa sfida si riaccende l’attualità del pensiero di Gianfranco Miglio, che già negli anni ’90 teorizzava macroregioni funzionali, capaci di unire comunità omogenee per identità, economia e geografia.

Oggi, in un contesto segnato da nuove faglie industriali, energetiche e sociali, quella visione trova un’inedita concretezza politica: le strategie macroregionali europee (Baltico, Danubio, Adriatico-Ionica, Alpina) coprono già oltre 200 milioni di cittadini, ma rimangono strumenti marginali, privi di fondi propri.

L’occasione è storica: trasformare queste strategie in pilastri strutturali della nuova Politica di Coesione, attraverso Patti di Coesione Macroregionale tra Commissione, Stati e Regioni.Un modello che risponderebbe alle tre esigenze oggi più urgenti:-Efficienza, grazie alla gestione integrata delle risorse su scala funzionale;-Prossimità, mantenendo il radicamento territoriale e il principio di sussidiarietà;-Identità europea, costruita non per decreto, ma attraverso la cooperazione concreta tra popoli e territori.

Maroni e l’Europa dei Popoli

Ma per aggiornare Miglio all’oggi europeo serve anche richiamare la lezione politica e civile di Roberto Maroni, il quale aveva intuito che la forza dell’autonomia non risiede nella chiusura, ma nella responsabilità condivisa.

Maroni ha promosso un federalismo pragmatico, fatto di istituzioni che ascoltano i territori, e di autonomie che cooperano invece di contrapporsi.

È questa la radice di un “europeismo territoriale” che non teme la diversità, ma la organizza: una linea di continuità ideale tra la Lega dei sindaci di Maroni e le macroregioni di Miglio, oggi in chiave europea.

Oggi, la riforma della coesione può diventare lo strumento per dare sostanza a quell’idea: un’Europa dei Popoli e delle Regioni, dove il livello locale non è più esecutore, ma co-protagonista della programmazione europea.

Un’Europa che supera il conflitto sterile del centralismo, del sovranismo, e costruisce la propria forza nella solidarietà differenziata.

Verso una nuova architettura della coesione

Proporre un modello intermedio e multilivello, che prevede il riconoscimento delle macroregioni come livello di programmazione nei regolamenti post-2027, la destinazione del 10–15% del bilancio di coesione (circa 40–60 miliardi di euro) a programmi macroregionali, una governance condivisa tra Commissione, Stati e Regioni, il rafforzamento del Comitato Europeo delle Regioni come piattaforma di coordinamento permanente sono tutti ipotesi e scenari in cui la Lombardia e l’Italia potrebbero porsi come laboratorio di coesione intelligente, promuovendo la nascita di vere Macroregioni che integrino economia, innovazione, logistica e sicurezza energetica.

Conclusione: il coraggio di ridisegnare l’Europa

“È arrivato il momento di avere coraggio!”, avrebbero scritto Miglio e Maroni.Coraggio di riformare, non per centralizzare ma per cooperare.

Coraggio di restituire senso politico a una coesione che non può ridursi a spesa pubblica, ma deve tornare a essere missione europea condivisa.

Coraggio, infine, di credere che l’Europa può rinascere dai suoi territori: non dalle stanze di Bruxelles, ma dai suoi popoli, dalle sue regioni, dalle sue macroregioni.

Un’Europa che torni a essere molteplicità organizzata, come avrebbe detto Miglio, e realmente “unita nella diversità” – come avrebbe voluto Maroni.